Tempo fa vidi un film di Spielberg, con il famoso bambino del Sesto Senso, intitolato semplicemente AI- Intelligenza artificiale; anche Kubrick aveva vagheggiato sul fare qualcosa sull’argomento.
Ad ogni modo, credo siano passati eoni dall’uscita di quel film nelle sale, e credo anche che quell’acronimo entrato significativamente nell’immaginario globale significasse una cosa proprio così, di fantascienza, plausibile sì ma tutto sommato irrealizzabile o comunque facente parte di un futuro così siderale che non valeva la pena interrogarcisi.
E invece eccoci: siamo ancora qui e anche relativamente giovani e l’AI ha finalmente una faccia.
Anzi un’interfaccia.
Ed è letteralmente alla portata di chiunque.
Come internet è entrato subdolamente nelle nostre vite, senza grandi annunci, è successo anche con l’AI.
Nei tempi in cui tutto ciò che accade nel metaverso diventa più importante e discusso rispetto alla vita reale, il “tempo” sembrerebbe dilatarsi all’infinito. Ma non è così.
L’Intelligenza Artificiale è da qualche mese uno strumento nelle nostre mani, e un numero via via maggiore di persone in tutto il mondo sembrano maneggiarlo come fosse in nostro possesso da anni, sì anche il tuo vicino di casa e tuo nonno.
Incredibile? No, il futuro è qua.
Questo pezzo parla di intelligenza artificiale legata all’arte e alla parola.
Nella preistoria e nelle civiltà successive le immagini sono venute prima delle parole, adesso è possibile anche il contrario. Lo dice anche il Vangelo “in principio era il Verbo”. Prima viene il prompt…
Prontə?



Immagini tratte dal progetto Invisible Cities, di Ivan Mavuli: un viaggio tra Le città invisibili di Italo Calvino – un libro di culto e di sogno per chi ama l’architettura – illustrato dall’algoritmo text to image Midjourney; si tratta di un programma di intelligenza artificiale capace di generare immagini da istruzioni testuali, in questo caso frammenti del romanzo calviniano.
L’ormai super famosa ChatGPT – al momento l’unica AI totalmente gratuita disponibile sul web – ha solo pochi mesi (nasce nel novembre 2022 e la versione più aggiornata, la n.4, è del 14 marzo 2023) e non è tra le mie preferite; è un po’ bias based (molti generatori di testo possono essere più o meno bigotti e contenere dei blocchi di prevenzione in base alla “morale” in cui sono programmati) e a volte risponde in modo evasivo, come quel vostro amico bidonaro seriale. Io personalmente li odio.
Se volete approfondire fate un giro di domande alla chat in questione, comunque è sempre meglio dei vecchi Alexa e Google anche se rimane molto sui generis.
Ho chiesto di darmi una mano per questo articolo ma non è stata molto d’aiuto.
L’uso dell’IA inizia a prendere piede nel mondo dell’arte già a fine anni ’10, ma è stato solo nel 2020 che l’uso di algoritmi e di ibridi hardware-software per la creazione di opere d’arte si è così diffuso da arrivare al grande pubblico, semplicemente attraverso i social, così dalla sera alla mattina.
I media più mainstream se ne devono occupare per forza di cose, e così i casi più eclatanti finiscono su Art Tribune come sul NY Times ( e pure su La Nuova Sardegna) ma a parte il vago tono sensazionalista e lievemente sbalordito, non si va oltre la mera presentazione dell’oggetto in questione. Per parlare di AI-art e di come funziona, bisognerebbe interrogarne gli artisti e artiste. Per il momento credo non si possa discutere se – e invece già lo si fa – chi fa uso di intelligenza artificiale abbia veramente talento d’artista oppure solo cialtroneria senza alcun genio creativo.
Quando però ti trovi davanti una cosa del genere due dubbi te li metti. Questo “quadro” è stato un po’ il catalizzatore sull’argomento AI e i suoi programmi, che a settembre 2022 erano già funzionanti a pieno regime.
L’opera Théâtre D’opéra Spatial dell’artista Ai Jason M. Allen ha infatti vinto il primo premio alla Colorado State Fair Fine Arts Competition nella categoria “arte digitale/fotografia manipolata digitalmente”:
Solo successivamente si è scoperto che Jason aveva interamente realizzato l’opera utilizzando Midjourney, uno dei generatori più amati dal pubblico, che non a caso nasce appoggiandosi sulla piattaforma social Discord, dove tutt’ora si trova e a cui si accede tramite invito. Ovviamente Midjourney come tutti gli altri software AI permette un periodo di prova gratuito, giusto per vedere se è la tua tazza di tè, poi potrai accedere ai vari livelli a pagamento che vanno dal principiante a livelli super pro.
A proposito di Midjourney, personalmente ritengo che sia tra i più attendibili riguardo l’interpretazione dei prompt, ovvero i comandi indicatori che l’artista impartisce all’intelligenza artificiale, in modo da farle elaborare quanto desiderato. Una sorta di descrizione, insomma.
È come avere un pittore instancabile a cui ordinare cosa disegnare, come e in che stile.
Non fatevi illusioni, scrivere un prompt può essere piuttosto frustrante e regalarvi risultati deludenti rispetto a ciò che avete immaginato. Non basta scrivere “Hey vorrei un paesaggio di ninfee in stile Monet” o “una sexy anime girl in tenuta da combattimento” per ottenere ciò che volevate. Le parole vanno sapute usare, ed è per questo che i detrattori dell’Intelligenza Artificiale dovrebbero avere più argomenti per attaccare l’intero impianto prima di relegarlo a fake totale.
Recentemente si è ripresentata una figura che per la verità già esisteva in versione poraccia per gli scrittori di fan-fiction: il generatore/matrice di prompt. Adesso se ne può ingaggiare uno per descrivere ciò che si vuole vedere. Personalmente non ne ho mai fatto uso: insomma, ho pensato, se non scrivo nemmeno il prompt, che sto disegnando?
Per quanto riguarda i generatori li ho provati quasi tutti: Midjourney, Dall-E, Stable Diffiusion, StarryAi e Wombo.
In principio ho iniziato perché volevo divertirmi un po’ a disegnare i miei personaggi preferiti di alcuni anime (AoT, Gundam, Evangelion) e l’ho fatto con risultati più o meno accettabili.
Poi sono passata a modificare qualche foto dei miei viaggi (e questa è un’altra storia).


Per fare questi ho usato Dall-E e Stable e penso siano quelli venuti meglio. Mi sono ispirata all’estetica di Jules Verne, quindi ho descritto un’atmosfera rarefatta, acquatica, con personaggi dai volti sofferti e luci malsane; per entrambi ho scritto indicazioni direttamente in inglese.
Dall-E si è rivelato abbastanza ricettivo. Ma devo dire che ho realizzato e buttato anche tantissimo trash che non se ne ha un’idea. Ecco perché, ripeto, i prompt bisogna usarli per bene, saperli scrivere, saperci infilare tutto quello che sai di volere e in che stile. Stai pur sempre parlando con una macchina, da tenere a mente.
Questo l’ho fatto con Midjourney.
Una sorta di Pearl Harbor nello spazio. È piaciuta molto ai miei amici e fellow artists su Discord, ma non è tra le mie preferite.
Semplicemente non lo volevo così; in questo caso ho sbagliato io, non il generatore, questo è sicuro.

Ecco perché il nostro ospite Ivan Mavuli, che sta realizzando un progetto fantastico intitolato Invisible Cities mi ha aperto un mondo: utilizzare dei prompt già pronti, non ricavati da un generatore ma scelti come ispirazione da un libro (“Le città invisibili” del grande Italo Calvino, appunto) pubblicato decenni fa, e in italiano!
Anni in cui l’intelligenza artificiale era davvero un argomento di nicchia, o se preferite fantascienza.

MJ: Ciao Ivan! Nasci come architetto urbanista, quando hai iniziato ad appassionarti all’AI-art e ad usarla?
I: Ciao, e grazie per l’invito. Ho iniziato ad utilizzare Midjourney verso Novembre 2022, in principio per puro esperimento, generando immagini legate a singoli oggetti o edifici andando a capire il livello di fedeltà che l’immagine potesse raggiungere per descrivere un concept.
Successivamente ho iniziato a usare il programma per il mio lavoro di architetto, per costruirmi delle texture più fotorealistiche e dettagliate per la realizzazione di render fotorealistici (ad esempio una parete in vetro con determinati colori ed illuminata da angolazioni specifiche).
In parallelo invece ho iniziato a costruire “per gioco” le illustrazioni del libro Le città invisibili di Italo Calvino.



Immagini tratte dal progetto Invisible Cities, di Ivan Mavuli: “Maronzia”, (Le città nascoste)
MJ: Invisible Cities è il tuo primo progetto totalmente artistico. Mi parli un po’ di come la tua scelta sia caduta su Calvino?
I: Invisible Cities più che un progetto è stato un esperimento, sono molto appassionato al libro di Calvino, una delle letture fondamentali per un architetto. L’intero libro gioca sul ruolo dell’immedesimazione del lettore stesso nel ruolo dei due personaggi: Marco Polo e Kublai Khan, ovvero il Gran Khan dell’Impero Mongolo.
Marco Polo racconta le innumerevoli città che ha visitato durante il suo viaggio nell’impero; città che, per la vastità del regno, lo stesso Gran Khan non ha mai potuto visitare. Il lettore viene portato a ricostruire le città descritte da Marco Polo, svolgendo il doppio ruolo di ascoltatore passivo e architetto attivo nell’immaginare le immagini descritte dalle parole.
Il libro si presta eccezionalmente alla ricostruzione de Le città invisibili attraverso un AI, proprio perché il gioco delle parti è lo stesso tra narratore e lettore; l’uso di un prompt implica una scelta di linguaggio precisa con cui si dialoga con un’AI, per cui ho filtrato il testo di Calvino fino ad ottenere una immagine che rispettasse adeguatamente le città del libro, questo fa sì che si instauri una relazione narratore-lettore parallela a quella convenzionale, il cui risultato risulta però allo stesso modo estremamente personale.
Il Narratore nel libro racconta una città, chi ascolta ne elabora una sua versione mentale e soggettiva, ogni persona che ha letto il libro ha contribuito a costruire milioni di città invisibili, attraverso Midjourney o altri generatori, se ne potrebbero creare esponenzialmente altri milioni, non a partire dal libro ma dal lettore stesso, che si trasforma appunto in narratore.
MJ: L’arte creata dall’intelligenza artificiale è un argomento abbastanza controverso, per quanto recente. Qual è il tuo parere in merito ai detrattori, ma anche agli entusiasti?
I: Personalmente reputo la AI uno strumento estremamente affascinante che, ad oggi, permette di esplorare infinite possibilità creative e non solo. Specifico ad oggi perché non sono capace di immaginare i futuri sviluppi che questa tecnologia porterà ma nemmeno mi sento di viverlo con angoscia. Le AI in generale stanno già stravolgendo i processi produttivi e creativi convenzionali ma, sempre ad oggi, mi viene difficile immaginare l’arte senza degli artisti umani, questi strumenti sono inutili senza una direzione artistica autoriale che, chi produce arte sviluppa in quanto individuo, in quanto umano.
Mi sento di condividere ogni parola del nostro ospite.
Potete continuare a godere di questo fantastico viaggio tra le innumerevoli città invisibili, proprio come farebbe il Kublai Khan seduto nel suo trono ricoperto di meraviglie, seguendo il canale Instagram.
Ivan Mavuli (Nuoro, 1993) è urbanista e architetto specializzato.
Attualmente, dopo un anno di studi a Lisbona e un semestre di ricerca in Messico, lavora come architetto a Barcellona.
Qui il suo precedente contributo per ANALOGICAMENTE vol.01, di cui ha curato anche la cover.

Mary Jo Intermontes Cherchi, giornalista professionista «a malagana iscritta all’ODG Sardegna» nonché direttrice responsabile di Underground X, rivista di musica, arte e sottoculture.
Inizia giovanissima a scrivere, ben prima di laurearsi in Lingua Inglese a Sassari con una tesi sperimentale in Neurolinguistica, per poi frequentare la scuola di Giornalismo presso la facoltà di Scienze Politiche. Dopo l’esame di Stato, fonda insieme ad alcunə carə colleghə Underground X, il cui primo numero è uscito nel 2010, e che attualmente ha in post produzione il secondo cortometraggio. Oltre a Underground X, ha collaborato con La Nuova Sardegna, il Nord Sardegna, S24, La Donna Sarda, e ora Lollove Magazine e il festival Fino a leggermi matto.
Ma ultimamente il suo interesse principale è l’AI, perché «credo che l’AI salverà i nostri sogni».