In quella che da molti è stata definita come l’ora più buia della scena culturale sassarese, ecco risorgere da uno scheletro impolverato il Padiglione Tavolara.
Gioiello architettonico sardo, progettato da Ubaldo Badas e illustre sede di I.S.O.L.A. nel 1956, l’edificio giaceva inerte da decenni, ormai colosso invisibile nel quotidiano mormorio della città.
Ora, sotto la direzione scientifica della Fondazione Nivola, il padiglione intitolato ad Eugenio Tavolara – presente nei fregi – viene restituito alla città, e si fa centro di attività culturali ed espositive che coinvolgano la cittadinanza tutta.
L’abbiamo visitato in apertura dell’evento espositivo “FACCIO CON LA MENTE PENSO CON LE MANI
Artigianə, Designer e Makers della Sardegna contemporanea“, allestimento visitabile fino al 31 Maggio 2023 che ospita un bello spaccato giovane e talentuoso della nostra isola.
A raccontarcelo sarà proprio uno dei designer presente in esposizione, il nostro amico Francesco Frulio; qui avevamo avuto piacere di intervistarlo per la nostra rubrica MAQUINImeets.
Ad affiancarlo in questo racconto – con nostra gioia – sarà Riccardo Onnis, architetto cofondatore dello studio LAUP.

Passeggiate architettoniche in chiave museale: l’opera di Badas
– a cura di Riccardo Onnis
L’edificio stesso che ospita la mostra, semplicemente con la sua mera presenza, sgretola ogni fantasia esotica e ogni rappresentazione esogena che pone la Sardegna come una realtà all’ombra della Storia e delle sue vicende.
Che si tratti di addetti ai lavori nell’ambito della progettazione e dell’arte o di chi vi si affaccia per la prima volta, si renderà conto dopo ben pochi passi di trovarsi di fronte ad un’opera eccezionale, per concezione, composizione, esecuzione e gestione dei dettagli.
Ubaldo Badas lascia in Sardegna un’impronta indelebile, potente, che affonda le sue radici nel movimento moderno, del quale interpreta e sintetizza in maniera eccellente le modalità compositive ed espressive. Nel caso del padiglione, l’ingresso avviene per mezzo di una rampa che conduce al livello superiore dell’edificio e permette così al visitatore di allargare lo sguardo al parco sottostante e al paesaggio urbano: Badas riprende così il concetto di promenade architecturale sviluppato da Le Corbusier e lo declina in senso museale, integrando il paesaggio urbano nello sguardo dello spettatore attraverso la rampa e, dunque, rendendolo elemento di esposizione del padiglione. Una volta giunti all’interno del livello superiore, si accede allo spazio di distribuzione interno, dal quale muoversi verso le due ali principali del padiglione. Sul lato a sinistra si trova l’ala principale, che ricorda l’interno di un luogo sacro con la sua estesa navata centrale e le due minori adiacenti. Tale sensazione è amplificata dalla sapiente composizione materica: l’illuminazione artificiale dall’alto incontra diverse tipologie di pietra levigata, la quale grazie alla sua alta capacità riflettente amplifica e restituisce una luminosità morbida e diffusa, che esalta la finitura in legno del controsoffitto per mezzo di questo stratagemma di contrasti luminosi e materici. Sul lato destro si trova il secondo spazio espositivo, il quale si sviluppa intorno alla corte interna e a cui si accede per mezzo di una doppia scala. Qui ci si trova probabilmente di fronte ad uno dei momenti più felici e riusciti di espressione architettonica.
La scala rampante, che ha come sfondo l’opera muraria di Eugenio Tavolara, è letteralmente “abbracciata” dalle balaustre filiformi che si intervallano al parapetto in vetro e legno e si uniscono nella parte inferiore della scala.
[foto di Francesco Frulio]

Ed è proprio in questa parte, quella inferiore, che emerge la grandezza internazionale del progettista e del padiglione. Bisogna considerare infatti che, per ragioni economiche e pragmatiche, le parti inferiori delle scale rimangono generalmente spoglie, in quanto elemento non immediatamente visibile all’occhio, dunque in qualche maniera ritenuto non di pregio.
Badas, al contrario, cura con la stessa finezza anche questa parte, laddove si congiungono le balaustre, trasformando quello che di solito è un elemento ignorato in uno spettacolo per gli occhi. La quasi maniacalità dei dettagli e la ricchezza del rivestimento in minuti elementi ceramici strizza l’occhio alle opere urbane del gigante catalano, che sul lato iberico del mediterraneo ha esaltato questa tecnica attraverso le sue opere.
Il contrasto cromatico dovuto alla chiarezza dei materiali circostanti completa l’opera, rendendo impossibile non inseguire con l’occhio il movimento dei rivestimenti della scala e mostrando questo elemento architettonico per ciò che è: un vero e proprio pezzo di artigianato, di altissima fattura; un unicum che, assieme al suo involucro edilizio, compartecipa agli oggetti esposti ed è – di fatto – esso stesso un elemento da esposizione.
Anche gli esterni, infine, non sono lasciati al caso: la terrazza superiore è elegantemente risolta tramite una struttura orizzontale a doppia ala di protezione dal sole; le vasche d’acqua al piano terra che si snodano lungo il perimetro dell’edificio contribuiscono al raffrescamento dell’involucro nei periodi caldi dell’anno, oltre ad arricchire lo scenario architettonico e vegetale del contesto.
Il fatto che la restituzione alla comunità cittadina e al pubblico di questa opera architettonica avvenga nel solco di questa prima mostra crea le premesse necessarie alla creazione del giusto contesto per rimettere al centro la ricca produzione che il design e l’artigianato nostrano mostrano in questo periodo.
[foto: Francesco Frulio]

Faccio con la mente, penso con le mani: Padiglione come luogo sinergico per il futuro del “fare” sardo – a cura di Francesco Frulio

Sardegna, crocevia di popoli e arti, un melting pot di tradizioni, usi e costumi che l’hanno resa uno tra i luoghi più interessanti del mediterraneo e oltre, per la contaminazione tra artigianato, arte e design.
Un unicum che ha custodito a lungo – forse anche troppo gelosamente – un ammirabile patrimonio culturale e artigianale. Ma una nuova generazione di artigianə, designer e makers, è pronta a mostrarsi e correre con il resto del mondo.
Con questo spirito nasce la mostra Faccio con la Mente, Penso con le mani curata da Giuliana Altea, Antonella Camarda e Luca Cheri, ospitata nella sala temporanea del Padiglione Tavolara, che forse più di tutti può rappresentare al meglio questa nuova âge d’or dell’artigianato e del design sardo.
[foto: Antonella Sechi]
L’edificio, capolavoro dell’architettura anni ’50 progettato dall’architetto Ubaldo Badas, ha ospitato fin dalla sua inaugurazione nel 1956 l’I.S.O.L.A (Istituto sardo organizzazione lavoro artigiano), fondato dal rinomato artista e designer sassarese Eugenio Tavolara con lo scopo di rilanciare e dare visibilità nazionale e internazionale all’artigianato sardo, non come semplice prodotto tradizionale ma come un’occasione di ricerca e sperimentazione, facendo propria una cultura centenaria, reinterpretandola e dandole nuova forma e ragion d’essere.
Avendo il piacere di essere uno dei partecipanti alla mostra, ho potuto toccare con mano e percepire in prima persona la grande energia e il fermento all’interno della comunità creativa che vi partecipa, la volontà di condivisione dei saperi, del dialogo e dello scambio reciproco.
In quanto designer sardo operante ormai da diverso tempo a Milano, ho notato negli ultimi anni un risveglio culturale dei piccoli centri e la voglia di mostrare il proprio saper fare ed il proprio patrimonio artigianale. Testimonianza ne sono le sempre più numerose iniziative legate al design che si stanno sviluppando lungo tutta la penisola e soprattutto nel meridione, intaccando e osando mettere in dubbio la centralità del capoluogo meneghino come capitale e vetrina del design nazionale.
Allo stesso modo la Sardegna vuole dimostrare di non essere unicamente e banalmente un luogo di villeggiatura, ma un posto che ha tutte le carte in regola per diventare punto di riferimento e protagonista del dibattito sullo sviluppo di un nuovo artigianato volto a riscoprire i valori di una mediterraneità che sembrava ormai scomparsa.
Attenuatasi nel tempo la frenetica ricerca di una produzione industriale su larga scala come valore inscindibile e conditio sine qua non del design, si comincia nuovamente a guardare con interesse ad oggetti prodotti secondo tecniche locali e tempistiche più “umane”; e cosa c’è di più umano dell’artigianato, il fare con le mani, il plasmare la materia per dare forma alla fantasia dell’uomo?


E sono proprio l’artigianato, assieme al design, all’arte e al mondo dei makers, i punti di partenza del vasto ventaglio di progetti che si trovano all’interno del percorso espositivo e che hanno il loro punto di intersezione nella Sardegna, stella polare per lo sviluppo di nuovi prodotti, linguaggi e produzioni locali. Ogni oggetto presente nella mostra è un’intima ricerca all’interno della tradizione artistica, manifatturiera, storica o architettonica dell’isola, un incontro tra progettualità e artigianato contemporaneo.
Gli approcci alla progettazione sono i più diversi ed eterogenei, così come i campi su cui si confrontano i creativi: dal metallo al legno, dalla ceramica alla tessitura, dalla moda al design industriale, ma sempre con l’intento comune di rivitalizzare le forme, i motivi decorativi e l’uso stesso dei materiali della tradizione sarda.
[Foto: Francesco Frulio]
Parlando in particolare di motivi decorativi, ho trovato molto interessanti i lavori di cestineria realizzati da Mustras, i cuscini della designer Serena Confalonieri per l’azienda Tessile Medusa e i tappeti di Caterina Frongia, tutti progetti che hanno saputo reinterpretare disegni e tecniche tradizionali in maniera contemporanea, creando un nuovo linguaggio visivo. Lo stesso filo conduttore accomuna il lavoro dell’atelier Walter Usai che, dialogando e collaborando con diverse realtà del campo del design nazionale ed internazionale, ha saputo dare nuova linfa alla tradizionale ceramica sarda attraverso un uso inedito del colore, delle decorazioni e delle forme.
C’è chi invece ha scelto di partire nella sua ricerca direttamente dalla materia grezza, dai materiali presenti nelle produzioni artigiane dell’isola mettendoli in discussione, sfruttandone le proprietà e sperimentandone nuovi utilizzi.
Con questa volontà nacque FiberFlax, [in foto, credits Francesco Frulio] uno dei quattro progetti con cui sono stato invitato a partecipare alla mostra: trattasi di un bio-composito a base di fibra di lino e feltro di lana sarda, nato da una sfida personale a seguito del diffuso pregiudizio circa l’impossibilità di creare innovazione in Sardegna.
Asserzione questa ampiamente confutata anche dall’azienda algherese Alterego Surfboard con le sue tavole da surf biodegradabili, nonché dal lavoro del designer Antonio Arcadu che presenta due nuovi prototipi di moto Honda. Tutto ciò a riprova del fatto che quest’isola può anche essere, contrariamente a quanto si possa pensare, un hub di innovazione anche in campi diversi da quello dell’artigianato.


Ma chi vi si è trasferito decidendo di farne la sua seconda casa ha trovato invece (forse con sua stessa sorpresa) oltre che un posto ospitale anche aperto al cambiamento e alla sperimentazione, decidendo tal volta di collaborare con le maestranze locali per creare sinergie e nuove economie. Esempi a tal proposito sono l’opera del designer milanese Giulio Iacchetti, che con il Comune di Sarule ha dato vita al progetto Tempo artigiano, e tutto il lavoro di reinterpretazione degli oggetti tradizionali sardi portato avanti da Pretziada Studio, fondato dal duo Ivano Atzori e Kyre Chenven.

Una rosa di progetti questa che guarda ad uno slow design di impronta artigianale come ad una valida alternativa locale per contrastare e decentralizzare il modello dei grandi centri produttivi industriali che negli anni hanno cannibalizzato la quasi totalità del settore design. Questi ultimi, nati in un periodo storico e socio-economico (quello del dopoguerra), in cui si andava a delineare un nuovo modello di consumo basato su grandi numeri e grandi quantità, hanno contribuito in questa nascente civiltà della frenesia, del tutto e subito, a far assumere alla parola “artigianato” una valenza negativa spesso associata a scarsa efficienza o a metodi produttivi ormai desueti che non garantivano una produzione sufficiente alle nuove logiche commerciali.
[Foto: Antonella Sechi]
Oggi finalmente, maturata la consapevolezza di un modello produttivo ormai insostenibile e complice anche una pandemia che per quasi due anni ha messo in pausa forzata il mondo intero facendo ripopolare le province e obbligandoci a prendere il tempo necessario per porci le giuste domande, in una prospettiva più lenta, più naturale, forse semplicemente più umana, la Sardegna può farsi promotrice della creazione di nuova cultura e nuova economia.
Ed è proprio questa la volontà che ho respirato all’interno della mostra: il desiderio da parte di una comunità di artigianə, designer e makers, di offrire un’alternativa ai soliti modelli produttivi e realizzare qualcosa di nuovo valorizzando con orgoglio il proprio patrimonio artistico-culturale per creare un ponte con il resto del continente e del mondo.

Tutti i progetti compresi quelli non citati in questo articolo, non per mancanza di merito ma di spazio, insieme ai creativi che li hanno realizzati, stanno contribuendo a scrivere un nuovo capitolo nella storia dell’artigianato e del design. Faccio con la Mente, Penso con le mani è una perfetta rappresentazione dell’incredibile fermento creativo in atto nell’isola, che si manifesta attraverso la riscoperta della tradizione, degli usi e dei costumi non come punto di arrivo bensì come punto di partenza per creare qualcosa di inedito e inaspettato. Un passato che chiede a gran voce di non essere dimenticato, ma tramandato e riplasmato per potersi poi trasformare nel futuro.
A Innantis!
[Foto: Francesco Frulio]
La mostra, visitabile fino al 31 Maggio 2023 è promossa dal Comune di Sassari con il supporto della Fondazione Banco di Sardegna, Confartigianato Imprese Sassari e della Regione Autonoma della Sardegna su iniziativa del Museo Nivola di Orani.
Ci complimentiamo anche con Camilla Mattola, per l’assistenza curatoriale; Alessandro Floris Cigliano per aver progettato l’allestimento, e Pietro Fois per averlo realizzato; infine, la progettazione grafica è stata affidata a Heart Studio.
Artigiani, designers e makers in mostra: Alterego Surfboards, Antonio Arcadu, Stefano Asili, Silvio Betterelli, Andrea Branzi, Arias, Artijanus Artijanas, Bam Design, Silvio Betterelli, Stefano Carta Vasconcellos, Monica Casu, Annalisa Cocco, Serena Confalonieri, Cube Controls, Antonello Cuccu, Paolo Curreli, Gianni Cusinu, Mara Damiani, Ebanisteria Meccanica, Fabrizio Felici, Giuseppe Flore, Antonio Forteleoni, Jari Franceschetto, Caterina Frongia, Francesco Frulio, Pietro Fois, Heart Studio, Paulina Herrera, Giulio Iachetti, Lalanà, Maan Motocicli Audaci, Antonio Marras, Carolina Melis, Roberta Morittu, Mustras, Antonio Nivola, Eugenia Pinna, Genesio Pistidda, Pretziada, Caterina Quartana, Fabio Ruina, Celestino Sanna, Mauro Scassellati, Gianfranco Setzu, Studio Pratha, Celestino Sanna Studio, Su Trobasciu, Tempo Artigiano, Terrapintada, Tessile Medusa, Maria Antonia Urru, Walter Usai, Sara Vignoli, Roberto Virdis, Zanellato/Bortotto. L’Accademia di Belle Arti “Mario Sironi” di Sassari, il Dadu Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica dell’Università di Sassari e lo IED Istituto Europeo di Design di Cagliari.
credits foto: Andrea Mignogna (copertina), Francesco Frulio, Antonella Sechi
redazione
introduzione e coordinamento: Veronica Peana
Caporedattrice e Co-founder di @maquinimag
Travel, Lifestyle e Fashion Editor, Creative Consultant, Creative Director.
Ideazione e stesura: Francesco Frulio
Industrial designer e illustratore. Il suo lavoro si focalizza sulla ricerca di connessioni inaspettate tra design e campi disciplinari divergenti, individuando punti di contatto e contaminazioni per la creazione di nuovi prodotti. Per lui gli oggetti sono un potente strumento narrativo attraverso i quali trasmettere messaggi e raccontare storie.


Approfondimento tecnico: Riccardo Onnis
Architetto cofondatore dello studio LAUP – Laboratorio | Architettura |Urbanistica | Paesaggio – assieme a tre colleghə, con sedi a Sassari e a Carbonia.
Si occupa di progettazione architettonica e paesaggistica, attività per la quale ha ricevuto diversi riconoscimenti (2015 – I° Premio Europan 14; 2020 I° Premio Riqualificazione Accademia Belle Arti di Sassari; 2021 I° Premio Ampliamento Museo Gramsci a Ghilarza; 2023 Menzione Speciale Premio del Paesaggio “Giulio Andreolli” Trentino) così come di critica architettonica, per la quale ha pubblicato articoli su presS/Tletter, magazine italiano di critica architettonica e ottenuto importanti riconoscimenti ( Menzione d’onore Concorso Giovani Critici 2018; II° Classificato Concorso Giovani Critici 2020). Su questo solco ha pubblicato, assieme al collettivo di studi postcoloniali Filosofia de logu, un saggio sui temi dell’architettura all’interno dell’omonimo volume uscito per l’editore Meltemi nel 2021.