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Maquini Meets: JASON ANDERSON

L’artista di Bristol ha convertito la sua esperienza da restauratore di vetrate gotiche in dipinti pregni di luce cangiante, sacra.
Dipinti che racchiudono la mutevolezza stessa della natura.

Dalla decorazione delle vetrate di grandi cattedrali, Jason Anderson ha fatto sua quella tecnica agile, come stesse creando ogni volta un puzzle caleidoscopico, stendendo il colore in strati spessi ed uniformi con la spatola.

Un mood impressionista dove le tonalità accese, audaci, conferiscono movimento e continua evoluzione al dipinto, che si trasforma gradualmente così come cambia la luce che lo illumina o la posizione nello spazio di chi guarda.

V: Jason, come riassumeresti il tuo percorso artistico?

J: Dunque, possiamo raccontarlo così: ho lasciato la scuola all’età di sedici anni, e iniziato a lavorare nell’arte stained-glass (vetrate decorate, ndr ); ho lavorato per cinque anni sotto la direzione del grande maestro Roy Coomber, mio mentore.
Così ho collaborato ad alcuni grossi progetti di restaurazione, come la Cattedrale di Wells, di York Minster e di Gloucester.
L’arte della restaurazione mi ha messo alla prova, forzandomi a sperimentare davvero molti stili differenti, mentre la progettazione mi ha insegnato a comporre i design su aree ben delimitate, soprattutto per quanto riguarda l’uso del colore.

Questo approccio ha avuto un’enorme influenza sul modo in cui vedo le cose, e probabilmente spiega perché dipingo così, oggi.

V: Splendido, vorrei sapere qualcosa in più sulla tua tecnica pittorica.
A cosa ti ispiri, come scegli i colori? E cosa trovi più affascinante da dipingere?

J: Preferisco lavorare con i colori ad olio, e sono ispirato dalla bellezza e varietà dei paesaggi costieri qui circostanti.
Uso il colore applicandolo in modo diretto, pieno, puro, creando composizioni accese, dove ampie campiture di impasto si fondono uniformemente con tratti vibranti.
Il mio lavoro è principalmente influenzato dal contrasto e la teatralità di William Turner e la preziosità tipica di Gustav Klimt.

V: (Klimt appunto, che io adoro.) I tuoi quadri sono visibilmente pieni di luce, di una sensazione serena, o almeno è quanto io percepisco guardandoli. Ma tu come ti senti, quando dipingi?

J: Io, felice e fortunato. Voglio imitare la bellezza della natura, e della relazione umana con essa, in chiave moderna.
Voglio creare partecipazione e un certo pathos nelle mie opere, perciò gioco molto sui contrasti di colore.

I miei dipinti sono vacanze su tela. (divertito, ndr )

V: Parlando di processo creativo in senso stretto: ho visto sul tuo Instagram degli sketch preparatori, quindi “visualizzi” il dipinto prima di iniziarlo?
O altre volte è un processo che realizzi in divenire, di ispirazione astratta?

J: Visualizzo una composizione prima di iniziare, sì, che è quella che creo nel bozzetto.
Se sembra buono e forte abbastanza così, in bianco e nero, sarà ancora meglio a colori. All’inizio però non ho idea precisa di come disporrò il colore, ma solo i toni chiari e quelli scuri, e che spettro usare.

V: è stato questo ad intrigare Billie Eilish?

J: sì, suppongo mi avesse notato sui social, allora mi ha scritto per collaborare.

Jason Anderson nel suo studio.

Maquini meets: JASON ANDERSON

Crediti

Jason Anderson
All works belongs to the artist, courtesy of Jason Anderson.

Instagram: @jasonandersonart
Web: www.jasonandersonartist.co.uk
Facebook: www.facebook.com/jasonandersonartist

Redazione: Veronica