Venerdì 14 aprile esce SPIRA, album d’esordio della cantante, strumentista e musicista elettronica Daniela Pes, prodotto da Iosonouncane per Tanca Records.
Il primo singolo estratto, Carme, ha riscosso moltissimo successo e grande attesa verso questo album dalle atmosfere misteriche, frutto di tre anni di lavoro incessante e alchemico da parte dell’artista gallurese; lavoro che ha catalizzato totalmente l’attenzione della scena musicale sarda (e non solo) negli ultimi mesi.
Fermento giustificato: l’ascolto di SPIRA è un’esperienza mistica, emozionale, di un’elettronica liturgica e potente.
L’elemento chiave di questo splendido album è la lingua, componente danzante e misteriosa, che è Daniela stessa a raccontarci in questa intervista fugace, notturna, rincorsa dal vento, in viaggio verso Tempio al suo rientro a casa, e proprio allo scoccare della mezzanotte con l’uscita del disco.
Veronica: Quanta bellezza Daniela, ciao.
Il primo ascolto di SPIRA mi ha proiettata in atmosfere rituali, oscure ma dolcissime, di preghiere e canti rivolte a divinità a me sconosciute.
Mi chiedo, tra Time in Jazz con Paolo Fresu, Musicultura, Harp Festival di Rio de Janeiro e tutte le cose meravigliose che hai fatto, ci sono stati momenti, dei fotogrammi nella tua memoria, dove hai pensato “ecco, io voglio fare questo, voglio che la mia musica sia così” ?
Daniela: Durante un percorso artistico-musicale esistono i momenti in cui hai bisogno di osare, di sconfinare, di approdare in altri orizzonti.
Per me ci sono stati vari momenti in cui non mi bastava più quanto avevo già fatto, l’ultima volta che ho provato questo sentimento è stata propria la spinta a lavorare e concludere SPIRA, e sono sicura arriverà un altro momento in cui sentirò l’esigenza e urgenza a lavorare per spingermi ancora oltre. Per me è sempre stato così.
“Ecco Io voglio fare questo”, mi è capitato sì di viverlo.
In prima persona mentre canto, mi capita che “gli astri” si allineino e tutto pare incanalarsi in un flusso raro dove non pensi più a nulla e ti senti immerso in un nucleo tuo.
Succede raramente, per me, ma quando succede è un momento potentissimo, travolgente, senti che è tutto giusto, che stai facendo la cosa più sensata che potresti fare, che sei dove dovresti.

Ma soprattutto mi capita di pensare “io voglio fare questo” quando ascolto concerti di altri artisti: Jacopo stesso (Iosonouncane, ndr), Francesca Corrias, Tigran Hamasyan, faccio qualche nome così di getto.
Tutti artisti che hanno l’esigenza di andare oltre, hanno il coraggio delle proprie idee, l’urgenza di esporre una propria verità. Sul palco ti travolgono, si esprimono con una tale violenza emotiva e comunicativa che a me disarma, mi disarma totalmente la bellezza, e in quei momenti mi dico “voglio fare questo, io dalla musica voglio ottenere esattamente questa cosa qua”.



FOTO BACKSTAGE DI GIOVANNI MAURELLI (MAKE-UP), CON LA FOTOGRAFA UFFICIALE PIERA MASALA E LO STYLIST MARIO CATTALDI AL LAVORO
V: Sei solita usare la tua stessa voce uno strumento, avendo anche una formazione jazz alle spalle.
Lavori molto sul suono delle parole, operando un tetris chirurgico di sillabe e ritmiche; è come creare un linguaggio solo tuo che possa proiettare l’ascoltatore in un’ambientazione, più che diffondere un messaggio testuale. Come avviene questo processo creativo?
D: Dunque, quando dici – che sembra io voglia proiettare l’ascoltatore in un ambientazione, più che diffondere un messaggio testuale – è assolutamente vero ed è la diretta conseguenza di un lavoro puramente istintivo.
Non mi sono mai posta nessuna domanda né prima, né durante, né dopo questo lavoro, non mi sono mai chiesta per chi dovesse essere, che cosa volessi esprimere, perché lo stessi facendo.
Ho semplicemente dato sfogo ad una grande urgenza che avevo, e amo il fatto che ognuno possa vivere un proprio viaggio ascoltando i brani, appunto perché non c’è un concetto che ti lega ad una storia specifica.
Ognuno è libero di costruire la propria interpretazione, la propria fotografia, la propria visione a seconda del proprio vissuto.
Questa è un aspetto a cui tengo molto proprio perché sono la prima a farlo, ascolto tanta musica israeliana, armena… musica lontana dalla nostra cultura, e tra le tante cose che mi piace fare, non capendo la lingua, amo lasciarmi travolgere dal suono. Mi lascio cullare da un suono della voce quanto dal suono di uno strumento.
Il processo creativo che c’è stato dietro SPIRA è stato dominato dall’istinto, e la figura di Jacopo è stata fondamentale affinché io potessi portare avanti fino in fondo la mia idea ed il mio lavoro, per come lo sentivo.
Mi ha sempre suggerito di guardare lontano, di spingermi oltre.
Durante tutto il lavoro non mi ha mai chiesto, ad esempio, spiegazioni riguardo ai testi – cosa che a me faceva molto strano – ma questa scelta era volta al non influenzare in alcun modo la mia idea ed il mio lavoro.

V: Questo mi da un contesto importante. Come il lavoro sulla lingua diventa un fil rouge tanto presente nel tuo percorso?
D: Nel momento in cui ho iniziato a lavorare a SPIRA, venivo da un periodo in cui ho musicato tantissime poesie di un poeta del Settecento, Don Gavino Pes. Questo ha certamente fortificato delle capacità compositive legate al suono, alla metrica, alla composizione, mi ha fatto crescere sotto vari punti di vista.
Allo stesso tempo, dopo un po’ che ci lavoravo, è diventato un ostacolo perché rispettare il significato di una poesia significa conseguentemente rispettarne anche la metrica, cosa che incideva e condizionava anche la composizione musicale, le linee melodiche.
Ho dovuto trovare un modo per aggirare questo limite, e l’ho fatto abbandonando il concetto e conseguentemente anche la metrica.
Sono partita quindi dal selezionare accuratamente alcune radici di parole galluresi, quelle più dolci, quelle meno dure, meno pesanti. [es. parole prive del suono “U”, o di allitterazioni, ndr]
E poi ho integrato, in realtà verso la fine di questi tre anni, anche con qualche parole in italiano; vedi il singolo Carme, è il brano che tra tutte le tracce del disco contiene più parole in italiano.
Oh, tra l’altro sono le 23:59! Tra un minuto esce il disco! [Siamo entrambe emozionate]
[Proprio per questo lavoro svolto su “Ca milla dia dì” del poeta gallurese don Gavino Pes, Daniela ha vinto il prestigioso premio Andrea Parodi nel 2017 (premio della critica, giuria internazionale, miglior musica e miglior arrangiamento) e il premio miglior musica e il premio Nuovoimaie a Musicultura nel 2018.]
V: Sicuramente è stato una bella palestra, il lavoro che hai fatto con “Ca milla dia dì“, come ti senti rispetto ad allora?
D: Certo, se guardo indietro mi vedo cresciuta, più matura, più consapevole degli aspetti sui quali devo ancora migliorare, come di quelli dove sono più competente, più consapevole; in quel senso lì sono molto soddisfatta del grande lavoro che c’è stato in questi anni, sia musicale che personale.
C’è sempre da faticare tanto, perché fare musica non è un mestiere ad orario, è un lavoro mentale costante.
Ogni secondo pensi a melodie, registri, pensi a come risolvere una struttura, da quando ti svegli a quando ti addormenti, quindi condiziona fortemente la quotidianità della vita.
Perciò dico non è solo un lavoro musicale, ma anche un lavoro di crescita, di comprensione, un costante dialogo con se stessi.
Insomma… è stato tutto molto faticoso, ma davvero ricco, di tantissime cose.
Utilizzerei la parola intensi, sono stati tre anni intensi.
V: Come è stato il viaggio emozionale di SPIRA? Durante l’ascolto io ho provato sensazioni contrastanti.
D: Ovviamente l’ascolto del disco per me è condizionato dal fatto che questi brani li ho lavorati un’infinità di ore, di giorni, di anni.
Sarei curiosa di sapere quali sono state le tue sensazioni contrastanti, per tornare al discorso della prospettiva soggettiva del disco.
Per risponderti: il viaggio di SPIRA è stato un flusso, naturale e spontaneo.
Non c’è stata, cioè, un’architettura precedente alla scrittura dei brani, nessuno schema da seguire, niente di stabilito.
La forma la si è data una volta che il materiale era sufficiente per poter parlare di disco.
V: Pensato in Sardegna, mixato a Bologna, masterizzato a Chicago… quante tappe ha già fatto questo disco, e quante ne farà in concerto?
D: Sì, pensato in Sardegna, scritto in Sardegna, qualcosa ho scritto anche a Bologna quando mi ero trasferita nel gennaio 2020 per poi tornare in Sardegna a marzo causa COVID.
In questi due anni ho sempre fatto un pochino la spola tra qui e Bologna per lavorare con Jacopo.
Il disco poi è stato registrato e mixato al Vacuum Studio, una realtà bellissima, lontano dal chiasso della città, immersa tra campi di girasole e animata da musicisti che vivono nel casale affianco allo studio.
Abbiamo mangiato tutti insieme, abbiamo preso tantissimi caffè insieme, sembrava un piccolo mondo a parte.
La maggior parte di questi musicisti suonano anche con Jacopo, li avevo già conosciuti infatti durante il tour di Ira.
Tra questi anche Mariagiulia Degli Amori, meravigliosa musicista, conosciuta perché percussionista di Iosonouncane durante il tour di Ira. Sono molto felice che tutte le percussioni del mio disco siano suonate da lei.
Quante tappe farà in concerto? A breve annuncerò le prime date.
V: Sei un’artista multiforme e dal talento straordinario, che hai faticosamente coltivato; cosa ti piace immaginare come prossima sfida?
D: Mi piacerebbe tanto arrivare a fare alcune collaborazioni, con artisti che stimo, che amo. Proprio come ho avuto la fortuna di poter fare con Iosonouncane.
Mi piacerebbe poter raggiungere quelli che più che sfide sono sogni… certo che poi i sogni sono anche delle sfide. Perché si realizzi un sogno, bisogna faticare.
Una bella sfida è anche quella di non perdere la bussola, quando arriva il momento in cui capita di farsi certe domande su cos’è davvero importante nella tua vita, di stare lucidi, dritti, di non smettere di ascoltarsi con la dovuta attenzione. Magari arrivare a fare delle cose che stupirebbero me per prima.
Noi su questo non abbiamo dubbi.
SPIRA è fuori ovunque, disponibile anche in uno splendido vinile.

Prodotto da Iosonouncane
Voci, percussioni e chitarre registrate da Bruno Germano al Vacuum Studio di Bologna
Sintetizzatori, elettronica, voce in ORA registrate da Iosonouncane al Tanca Studio di Bologna
Mixato da Bruno Germano al Vacuum Studio
Masterizzato da Carl Saff al Saff Mastering Studio di Chicago
Assistente di studio Carlo Schramm
Fotografia Piera Masala (copertina)
Trascrizioni fonetiche Riccardo Mura
Progetto grafico Vieri Cervelli Montel
Ufficio stampa GDG press
redazione: Veronica