Moda o tradizione? In Sardegna non c’è differenza!
Nel senso che i gioielli della tradizione non sono mai passati di moda, e anzi sono sempre più ricercati e desiderati, custoditi, tramandati, alcuni sfoggiati in celebrazioni sacrali, altri celati agli occhi indiscreti… e per un valido motivo!
La Sardegna è imbattibile in quanto a gioielli e abiti tradizionali.
Forse è un’affermazione un po’ azzardata? Leggendo l’articolo capirete perchè.

Paese che vai… gioiello che trovi
Basterebbe dire che in Sardegna ci sono circa 377 comuni e che ogni comune ha il suo abito tradizionale.
Quindi… circa 377 abiti tutti diversi tra loro.
A dire il vero ce ne sarebbero molti di più, perché la maggioranza dei comuni, anche piccolissimi, ha un abito tradizionale per ogni occasione della vita: la vedova, la contadina, l’abito festivo maschile e quello femminile, l’abito da sposa, il pescatore…
Foto: pendente Nudeu Oblio linea Dìuma Ex-Auctor, in argento 925, tessuto in stampa policroma, con nastro turchese – DIUMA RINGS
E ognuno di questi, specialmente quelli festivi più preziosi, ha i suoi gioielli coordinati.
Questi sono di estrema importanza, se pensiamo che solitamente lo stile della donna sarda d’altri tempi si presentava come rigoroso, riservato, il gioiello era qualcosa di prezioso che solitamente si teneva per sé, non lo si ostentava, lo si indossava con riserbo e tramandava di madre in figlia.
Alcuni si somigliano tra loro, altri sono unici e esistono solo nel paese più nascosto tra le montagne sarde.
Unicità. Sarebbe questa la parola giusta per descrivere la moda in Sardegna. Un concetto di stile che esalta l’unicità di ognuno. Basterebbe seguire una sola volta la sfilata di Sant’Efisio per accorgersene, dove i gruppi folk di tutta l’isola accompagnano in processione il santo che salvò il popolo sardo dalla peste. Ognuno con il suo costume.
Alla sfilata partecipano persone di tutte le età, dai neonati agli anziani, che sfilano con l’abito tradizionale del proprio paese mentre intonano canti sacri.
Questo a dimostrazione che in Sardegna, quel giorno più che mai, moda, unicità e tradizione vanno a braccetto. Quelle persone per un giorno si trasformano, lasciano gli abiti moderni per indossare con orgoglio i colori, fregi e ricami del proprio paese. Un momento vissuta con autentica e palpabile emozione da tutti.
Quindi, una tradizione che non è sinonimo di passato o arretratezza, ma di quotidianità, intesa come qualcosa che è parte di te e non esiste giorno in cui te lo scordi.

Foto: Fedine sarde con zirconi colorati Marina Ferraro Gioielli

Su Coccu, l’amuleto anti malocchio
Parlando proprio di quotidianità, non si può che iniziare con l’amuleto sardo per eccellenza: su coccu
Chi ci crede davvero non varca la soglia di casa senza averlo indossato, ed è qui che la tradizione e la storia di un amuleto antico diventano quotidianità.
Foto: Ciondolo Su Kokku, onice, corallo rosso e Argento – Marina Ferraro Gioielli
Conosciuto anche come sa sabegia (dal nome catalano dell’onice, adzabeja) o su pinnadeddu, è un amuleto sferico in pietra nera, solitamente ossidiana oppure onice, racchiuso tra due semisfere in argente, finemente “ricamate”, ed è considerato una protezione dal malocchio.
Indossato – si presta benissimo come pendente per bracciali, collane ma anche orecchini – assorbirà le energie negative, difendendovi da esse.
In origine veniva regalato ai neonati dalla nonna o dalla madrina e si portava come spilla, un’usanza simile al Nazar in Grecia e Turchia.
Perché funzioni, è necessario che la persona accompagni il dono di su coccu alla recitazione di preghiere, in modo da “caricarlo”.
Sarebbero in realtà queste antiche preghiere, bisbigliate in lingua sarda, a fare da scudo e da benedizione, e si crede abbiano il potere di entrare nella pietra, attivandola e restando così pronte all’uso, a difesa.
Regalare su coccu è un atto di amore, anche perché, stando così il funzionamento, non lo si può semplicemente comprare. Per essere efficace deve essere regalato e benedetto da una persona cara.
Non disperate poi se il prezioso amuleto un giorno si romperà, significa che ha fatto il suo dovere.
Infatti la credenza prevede che se su coccu si rompe, ha assorbito troppe energie negative e che il suo potere protettivo si è ormai esaurito. Vi ha difesi bene insomma.
Incantesimi e promesse: la fede sarda
Se su coccu parla di protezione, la fede simboleggia l’unione, il sentimento e un legame eterno… unito da qualcosa di magico. No, non parliamo della sola magia dell’amore, ma di qualcosa di più.
Foto: Fedine Sarde classiche Marina Ferraro Gioielli

Fede classica
La fede sarda per antonomasia, quella più classica e conosciuta, è realizzata in filigrana dorata e porta con sé una leggenda.
Si racconta di un uomo follemente innamorato di una giovane donna; la amava talmente tanto da arrivare a chiedere aiuto alle fate, le janas, artigiane e maghe d’amore in grado di forgiare anelli in filigrana con un potere speciale: fare innamorare chiunque li mettesse al dito.
E infatti, l’uomo tornato al paese, dichiarandosi, calzò l’anello fatato all’anulare sinistro della sua amata, lì dove pare scorrere la vena del cuore, e in men che non si dica la ragazza ricambiò gli stessi sentimenti.
Un potere quindi piuttosto potente, ma al di là delle leggende la fede sarda è in assoluto uno dei gioielli preferiti dalle giovani sposine e promesse fidanzate.
Molto popolare anche in argento, o nella variante rosata.

Anello maninfide
Esiste anche un’altra fede, meno conosciuta ma ancora più bella. Stiamo parlando dell’anello maninfide.
Si tratta di una graziosa fede di fidanzamento, con cui i due promessi si dichiarano eterno amore. La sua particolarità? E’ formata da tre cerchi, uniti insieme da una particolare tecnologia, che permette di creare, una volta indossato, l’immagine di due mani che si stringono.
Come se non fosse abbastanza romantico così, all’interno delle mani è racchiuso un piccolo cuore, simbolo dell’amore custodito come un tesoro dai due amanti.
Ma chiudiamo qui la parentesi romantica, e torniamo agli amuleti veri propri.

catena a maglia doppia – DIUMA RINGS
Innanzitutto bisogna precisare che gli amuleti sono tradizionalmente legati all’argento, il metallo lunare per eccellenza, lascito di culti antichi e superstizioni.
L’oro, nella sua opulenza, sarebbe inadatto agli scopi di questi monili, in quanto direttamente associato allo sfarzo, alla festa, e quindi più oggetto di invidia e attenzioni indesiderate.
Non dimentichiamoci che spesso questi amuleti si portano addirittura celati dalle camicie, sempre per evitare malevolenza eccessiva che potrebbe ancora più velocemente annullarne il potere.

Sangue al sangue
Gli amuleti, dicevamo, sono tanti e legati ai materiali e alla cultura del territorio.
Pensiamo per esempio alla simbologia e al legame del corallo con la cittadina di Alghero, per questo conosciuta anche come Riviera del Corallo.
Popolare e amato già in epoca antico romana, dove si narrava il corallo avesse avuto origine dal sangue della gorgone Medusa. Perciò da sempre legato ad un certo simbolismo di magia e superstizione, specialmente dagli uomini del mare.
Talismano di navigatori, soldati e pescatori contro gli spiriti maligni, diventa anche un dono per i neonati per proteggerli dalla sfortuna.
Foto: pendente corallo rosso – Marina Ferraro Gioielli
Nella cittadina algherese, da sempre ricchissima di questo “oro rosso”, venne addirittura fondata la Scuola artigiana del Corallo, negli anni ’50, una vera eccellenza italiana, per insegnare l’arte e la tradizione dei gioielli del pregiatissimo corallo, tramandato fino ad oggi.
La storia algherese del corallo è ricca e molto affascinante, ne riparleremo e nel frattempo vi invitiamo a visitare lo splendido Museo del Corallo, sito a Villa Costantino, edificio liberty nel centro città.
Sempre legato al mare e ai simbolismi abbiamo anche l’Occhio di Santa Lucia, molto utilizzato nei bracciali o incastonato in ricami preziosi. Considerato un segno di fortuna dai pescatori, di derivazione corsa, è associato alla simbologia dell’occhio, perciò in naturale contrapposizione con le energie negative dell’occhio cattivo, i malefici dell’invidia.
Erbe, rituali e reliquie personali
“Non è vero, ma ci credo”, questa la formula sussurrata in confessione a mo’ di scongiuro riverente, nelle intimità delle confessioni di chi teme di essere vittima di malocchio.
Le pratiche che accorrono in soccorso, oltre al dono di amuleti, possono essere rituali parlati, Sos brebos, formule recitate in latino davanti al presunto invidiato, da donne che serbano questo arcaico segreto e non svelano a nessuno le formule, se non al momento di passare il mandato, se ne hanno possibilità.

Foto: pendente Nudeu Oblio linea Dìuma Ex-Auctor, in argento 925,
tessuto in stampa policroma, con nastro turchese – DIUMA RINGS
Molto interessante è la pratica de Sas pungas*, ancora in uso e molto diffuse, dal momento che sono uno dei pochi rituali scaramantici non banditi dalla Chiesa, e anzi un tempo proprio i sacerdoti, in quanto letterati, ne scrivevano i bigliettini all’interno contenuti.
Chiamate anche breves, scrapulari o fortalesas, si tratta di sacchettini di stoffa completamente sigillati da spesse cuciture, contenenti ogni sorta di reliquie: sangue, erbe officinale e rituali, sale, cera, cenere, bigliettini di preghiere e addirittura immagini sacre (perciò la benevolenza della Chiesa).
Il tutto doveva categoricamente restare sigillato, pena la perdita dell’effetto protettivo.
Molto usate in occasione di eventi particolari e temuti, come il parto, l’aborto, la moria del bestiame, ma anche come protezione apotropaica contro le armi da fuoco.
Questo le rendeva molto ricercate soprattutto dai banditi, e si dice anche i più temuti ne portassero una al collo.
Si attribuiva a Sas pungas lo straordinario potere di volgere le situazioni a proprio vantaggio, o almeno di non peggiorarne il corso.
Pare venissero addirittura rimosse dal collo dei moribondi per facilitarne il passaggio, così che non lo ostacolassero prolungandone la vita, seppur flebile.
Strettamente personali, dal valore perciò inestimabile, e anche queste, come sos brebos, ad opera esclusivamente femminile.
Decisamente più elegante invece, è il monile reliquia Su Nudeu, “l’Agnus Dei“, regalato in genere alle donne che si apprestavano ad allattare i neonati, per favorirne l’abbondanza.
Si tratta di una splendida teca a ciondolo, in argento, contenente dei brebos scritti e ben ripiegati, celati all’occhio da una pregiata stoffa in velluto o raso.


Esperienze imperdibili: dove ammirare questi splendidi gioielli?
A conclusione di questo viaggio tra amuleti e gioielli sardi, non possiamo che consigliarvi alcune esperienze da fare sull’isola per vedere con i vostri occhi moda e tradizione nel vivo.
Foto: anello in corallo rosso – Marina Ferraro Gioielli
La Festa di Sant’Efisio
Ne abbiamo già parlato ma è sempre meglio ricordarla.
Si tratta di una processione tra folklore e devozione, in onore di Sant’Efisio martire. Dal 1 al 4 maggio migliaia di fedeli accompagnano il Santo dalla chiesa cagliaritana di Stampace a quella di Nora, luogo in cui avvenne il martirio. Una processione di 40 km per lo scioglimento del voto, seguita dai gruppi folk da tutta l’isola con i loro coloratissimi abiti tradizionali. Non c’è un abito uguale all’altro, ma tutti insieme formano qualcosa di incredibilmente armonico.
La migliore occasione per comprendere il binomio tradizione e unicità: un insieme multiforme dove ogni costume è meraviglioso a sé!
Il Museo Etnografico sardo a Nuoro
Il paradiso per gli amanti delle tradizioni.
Ospita collezioni di qualsiasi tipo: dai tappeti lavorati a telaio al pane decorato, dalla riproduzione di scene di vita quotidiana alle maschere tradizionali.
Ma c’è una collezione un po’ speciale: quella dedicata a gioielli e abiti sardi. Ne potrete ammirare tantissimi e di davvero unici.
Il museo etnografico di Nuoro è il solo luogo dove riuscirete ad apprezzare davvero tutti i dettagli della moda sarda.
bibliografia e letture consigliate:
Arata G.Ulisse e Biasi G. – Arte sarda, Carlo Delfino editore, 1935
Piquereddu Paolo – Gioielli, storia, linguaggio, religiosità dell’ornamento in Sardegna, Ilisso Edizioni, 2004
Cannas Marilena – Riti magici e amuleti, malocchio in Sardegna, Sassari, EDES, 1994
Turchi Dolores – Tradizioni popolare della Sardegna, Roma, Newton, 2016
a cura di:
Eleonora Guiso
Giovanissima divulgatrice, instancabile lettrice ed appassionata di antropologia culturale, esoterismo e molto altro.
Si definisce ironicamente “Influencer di tradizioni”, ma la verità è che tantissimi sono rimasti affascinati dal suo modo di spiegare e raccontare cibi, filosofia e tradizioni della Sardegna, del Mediterraneo e non solo.
Veronica Peana
Caporedattrice e Co-founder di @maquinimag
Travel, Lifestyle e Fashion Editor, Creative Consultant, Creative Director.
Si ringraziano Dìuma Rings e Marina Ferraro Gioielli per le immagini, tutti i diritti rispettivamente riservati.
*Si ringraziano Caterina Brundu e Maria Annunziata Giannotti per la consultazione.
approfondimenti di ricerca: 1, 2